A cavallo tra le due guerre, il porto di Malcesine era sicuramente il centro più importante dell’alto lago per il trasporto di merci con i barconi e contava, con le zone limitrofe, circa 18 imbarcazioni. Esportava principalmente legna da ardere, ma anche pietre da lavoro (estratte nelle cave di Preera di Val di Sogno e Preera di Campagnola e della Val Cantone a Navene) e olio, allora il principale prodotto agricolo locale. Le destinazioni più frequenti erano Desenzano e Riva del Garda.
A Malcesine, agli inizi del ‘900, era presente anche un importante cantiere per la costruzione dei barconi ed era di proprietà dei Feltrinelli, provenienti da Assenza di Brenzone e prima ancora da Bogliaco. Inizialmente il cantiere si trovava a Paina, nei pressi del castello, ma in seguito venne trasferito in località Retelino.

Un calafato al lavoro al cantiere Feltrinelli a Paina.
Il 19 maggio 1930, alle ore 4.30 la Malvista, un barcone della portata di circa 500 quintali, salpava dal porto di Malcesine diretta a Desenzano. Quella mattina, come tante altre volte, trasportava un carico di grosse pietre da lavoro. A bordo il prorietario della barca, Peroni Giovanni di anni 45, malcesinese, e il figlio Giuseppe appena quattordicenne.
Dalle cronache dei giornali dell’epoca quel giorno sul lago si scatenò un violento uragano, che causò danni gravissimi in tutta la regione. Il piroscafo “Brescia”, in navigazione tra Desenzano e Sirmione, dovette fare rientro in porto, con grande spavento dei passeggeri, mentre parecchie barche da pesca affondarono per le violente onde che, sempre nel porto di Desenzano, raggiungevano in altezza la sommità della torre del faro.
Verso le 7.30 la Malvista giungeva all’altezza del cimitero di Castelletto, con le vele ammainate per le forti raffiche di vento. Causa l’imperversare della burrasca, la prua cambiò direzione e venne a trovarsi disposta in modo trasversale al lago e in completa balia delle onde. In quelle condizioni fu vista più volte rullare su se stessa e infine inabissarsi nel lago.

La Malvista, a sinistra, assieme alla Sant’Angela Merici nel porto di Malcesine negli anni ’20.
Testimoni del fatto furono Casella Bortolo, anche lui barcaiolo di Malcesine, e Olivieri Girolamo, contadino di Brenzone. Le ricerche e le indagini seguite al naufragio non diedero esiti positivi. I corpi dei due barcaioli, padre e figlio, non furono più ritrovati come del resto l’imbarcazione, probabilmente trascinata sul fondale dal pesante carico che trasportava.
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